sabato 17 dicembre 2011

22 ottobre ~ La Vita.

Due occhi semiaperti che ancora non percepiscono il mondo. Una bocca che chiede di esser soddisfatta. Due piccole mani che cercano qualcosa che non conoscono. Un pianto innato, che allena il respiro.
Piccolina.. purtroppo ancora non vedi tua madre, ancora non leggi i suoi occhi, ancora non vedi quant'è bella, ancora non vedi com'è forte e matura, ancora non sai quant'è bello volerle bene.
Piccola, ancora non conosci tuo padre, non gli hai visto quegli occhi marini, ancora non sai.

Il mondo intorno a te non è bello come quando noi, e molti prima e meglio di noi, l'abbiamo guardato, e questo non è giusto.. non è degno di te. Sei pura, sei innocente. Quello che hai intorno non lo hai meritato e non lo meriterai mai, meno di tutti. Hai però irrimediabilmente iniziato a respirare quest'aria anche tu, e dovrai essere forte. Forte come tua madre e tuo padre, forte di più, forte come un muro che non cade.

La vita è però così una cosa meravigliosa, e lo scoprirai. Dovrai scoprirlo senza affanni, senza fretta, ma senza fermarti mai. Lo scoprirai con noi, lo scoprirai sola con te stessa.

Io crederò in te, e già lo faccio. Benvenuta piccolina

14 settembre ~ E le cose cambiano.

Mutano la loro forma.
Cangianti come l'acqua. Irrequiete come fiamme.
Ed io son lì.. son prima letto d'un ruscello, poi legna da ardere.
Arriva poi sempre quel momento in cui il ruscello si prosciuga, il fuoco si spegne.
Ma io son sempre lì.. son una riva arsa, poi brace e cenere.
Polvere nel vento.
Ma io non riesco ad accettarlo, questo mio cervello lo rifiuta.

Come si può vivere da cenere, ricordando di aver posseduto il fuoco?

5 luglio ~ Apro gli occhi.

Lenzuolo arricciato. Urla. Squarcio di sole dalle tapparelle. Odore di arrosto. Radio.
Mi giro a pancia su, mi distendo, mi stiracchio, guardo la radiosveglia: 10.30. Alzo una gamba e la tiro fuori dal lenzuolo: non fa freddo. Tolgo il lenzuolo, mi metto a sedere, aspetto un secondo, mi alzo. Corruccio il viso, lentamente entro in bagno. Pipì, acqua sul viso, asciugamano più chiaro. Thè freddo, barretta al cioccolato. Mi vesto, alzo le serrande, computer. Urla. Radio. Odore di arrosto.
Esco? Fuori è nuvoloso, umido, afoso: fa caldo. Papà mi aspetta al negozio, vado. Sole, cicale, auto, clacson. Fanculo.
"Ciao papà!". Sedia rotta, schermo 60 pollici a muro, film. Signora francese, "Maurice!", occhiali grandi, capelli corti e biondi, profumo di rosa, risate.
Casa, pranzo. Pasta. Arrosto. Tv, schifo. Piatto, brodo, pane. 18 ciliegie. Prendo il piatto, il bicchiere, le posate, le metto nel lavabo. Tovagliolo, nel secchio.
Camera. Mi appoggio sul letto, dormo.
18.45. Computer. Noia. Caldo.
Cena, pff.
Camera, computer.
03.09.
Bagno, via gli occhiali, spazzolino e dentifricio, doccia, canotta e pantaloncino. Click, buio.
Letto. Lenzuolo arricciato. Guardo la radiosveglia. Ti penso. 'Notte.

Apro gli occhi.

26 giugno ~ C'è quel momento in cui

arrivi a dubitare di tutto, anche di te stessa.
C'è quel momento che arriva sempre alla fine di tutto.. o all'inizio.
Quel momento in cui ti guardi intorno e non vedi più nulla, non ci sei nemmeno tu.
Quel momento in cui la notte, l'unico spazio in cui ormai potevi rifugiarti con sicurezza, ti tradisce e ti scuote il sonno, non ti lascia scampo nemmeno lei e dormire non è più semplice come lo era prima.
Sogni nefasti, immagini scure, i tuoi occhi che si aprono forzati da un dolore che anche nel sonno sembrava vivo, ardente.
E brucia. Lo stomaco brucia.
Divampa quella furia. Divampa la delusione di un'illusione, divampa quel fuoco, divampa e sale su per il torace.
Brucia la gola.
E tu soffoca quel pianto, blocca quelle mani tremanti, chiudi quegli occhi già bagnati.
Brucia la tortura di un dolore vero.

18 maggio ~ Ci sono cose

che non si dimenticano. Ci sono cose di cui si ha certezza. Cose che hanno cercato in tutti modi di farci credere. Credere. Nel più pieno senso della parola.

Io delle persone non mi fido, e faccio bene.

Le parole, amici miei, sono l'arma più efficace che l'uomo ha per controllare gli altri. Ed Io.. Io che non mi fido, Io che tra Me e gli altri piazzo un bel pannello di vetro ogni qualvolta qualcuno diventa troppo vicino. Vicino.
Perchè Io? Come Io sono arrivata a crederti?? Come ho potuto lasciarmi convincere?
Ma in fondo Io in quegli occhi qualcosa vedevo. Lo vedevo quel Tuo ego, quel Tuo senso di rifiuto degli altri, quella Tua convinzione di superiorità effettiva.
Non mi avresti mai considerato al Tuo stesso livello. Ti guardavo e lo sapevo.
Quant'è difficile con Te.
Eppure Io mi sforzavo di credere che fosse una Mia stupida impressione.
Eppure Tu ti facevi uscir lacrime se ti dicevo che fidarmi di Te mi era difficile. Reagivi così male. Una volta mi hai lasciato per questo.
Eppure ora ti sei rivelato per quello che davvero pensi e sei.. o nemmeno questo sei? Cosa c'è dietro?

Io delle persone non mi fido, e faccio bene.

E' così appagante e meraviglioso essere importante per qualcuno: essere voluti, amati, rispettati. All'inizio mi illudevo che tutto questo esistesse anche per Me, che finalmente Tu non te ne saresti andato.
Ma Io te lo dicevo che ti saresti stufato, che con Me "non è come bere un caffè".. E quanti ne bevevi!
Tu mi coccolavi un po', mi tenevi stretta, mi guardavi negli occhi e Io vedevo l'Amore.
Tu non ti saresti mai stufato, Io non ero strana e me lo dovevo togliere dalla testa, Tu avresti voluto tutto di Me, avresti rinunciato a tante cose, Tu avevi paura che me ne andassi. Ecco che mi dicevi. Ecco ciò che non avresti mai dovuto dire, inventare. Ecco ciò che mi ha illuso, a Me che non mi fido, a Me.
Quella bella corda a cui mi sarei aggrappata stretta. Eccola qua, me l'avevi fornita così su un piatto d'argento. Quando si ha bisogno di qualcosa forse si è anche capaci di spostare un po' quel vetro, far passare un braccio, e aggrapparsi ad una cazzo di corda.
Ma Tu mi prendevi in giro, giocavi con quel pezzo di iuta. Ti guardavo e lo sapevo.
Non ce l'hai fatta ad adattarti a Me, eh? Adattarti. Io sono strana e impossibile, vero? Strana. Così hai detto. Solo ora però. Prima Io me lo dovevo togliere dalla testa.
Sai cos'è che mi dovevo togliere da questa testa? Te.
Era Te che dovevo togliere. Dovevo togliere quei momenti, quei piccoli regali, quei messaggi, quegli abbracci, quei baci, quelle parole.
Quelle parole cazzo. Quelle.

Io delle persone non mi fido, e faccio bene.

18 aprile ~ Noi uomini siamo così atti a cambiamenti continui,

così malleabili..
Cosa può dare sicurezza in un uomo? Cosa un essere umano può mantenere indenne per sempre, finchè ha vita?
La mia fiducia si pone su ciò che non cambia, su ciò che resta. La fiducia e la sicurezza sono per me incomprensibili se poste su persone, animali, esseri animati. Questi son sottoposti a mutamenti, al tempo e alla sua ingordigia. E a questi rispondono reagendo e addattandosi come possono.
La mia sicurezza sta in una conchiglia dipinta sei anni fa che ancora sa di mare, sta in quella maglietta del mio migliore amico che mi lasciò quando partì, sta in quella canzone che da anni mi fa tremar fino alle unghie, sta in quel libro che ha trattenuto quell'odore dal primo giorno che l'ho avuto in mano, in quelle righe che hanno dato vita a un nuovo fiore rosso di una passione; sta in quel peluche che ancora mi guarda con gli stessi occhi, che ancora mi rassicura; sta in quell'odore di farina che aleggiava frequente sulla tavola due ore prima del pranzo, sta in quel suono di campanacci da cavallo che mi svegliava al mattino, sta in quel faggio nodoso su cui fingevo la magia. Sta in tutte quelle lacrime limpide che scendono su labbra atte a sorriso, quando tutto questo affiora alla mente.
Ecco la mia fiducia dove sta.
Ecco ciò che come unico è, sicurezza mi da.